Le sue cure lo portarono a giungere ad una fama mondiale nel ventennio 1860-1880. Il suo sistema, richiamando elementi della medicina dell’Antica Grecia di Galeno e Ippocrate ma anche della medicina cinese si fondava sui concetti delle alterazioni umorali e temperamentali e sulla convinzione dell’esistenza nei vari segmenti dell’organismo di due metà, una fornita di elettricità positiva e l’altra di elettricità negativa, dal cui costante equilibrio dipenderebbe lo stato di benessere, mentre il prevalere dell’una sull’altra sarebbe in grado di provocare i vari sintomi dello stato di malattia.
Da qui l’allestimento di preparati composti specifici per uso interno ed esterno dotati di azione omeopatica e di azione elettrica che a detta del conte avrebbe avuto un effetto potenziante dei primi.

Nei suo numerosi scritti non c’è tuttavia traccia della composizione e del metodo di preparazione di tali composti (che tuttavia secondo alcuni altro non erano altro che componenti della farmacopea tradizionale antica, fitoterapici che usati in determinate quantità avevano un effetto placebo). Nonostante il vasto successo in Italia, Francia e in Germania, il metodo diede origine ad aspre critiche e polemiche nel mondo medico e tra gli omeopati. La contestazione più insistente riguardava l’impossibilità di attestare la presenza di elettricità nei 5 “fluidi elettrici” che avrebbero dovuto ristabilire l’equilibrio fra le cariche elettriche del corpo e riportare la parte dolorante a uno stato di benessere.
Sulle ali del successo arrivò a mettere in vendità i suoi prodotti nelle farmacie, anche se subì un processo a Vergato nel 1867.
Ciò non lo affermò e anzi riuscì a ottenere da Pio IX l’autorizzazione a sperimentare i suoi rimedi per tre mesi nell’ospedale militare romano di convalescenza di S. Teresa, il cui direttore sanitario, L. Pascucci, era un suo convinto estimatore.

Nel 1881, infine, decise di avviare la produzione in massa dei rimedi elettromiopatici e di promuoverne l’esportazione anche all’estero. Per la realizzazione di tale ambiziosa iniziativa si rese necessario l’allestimento di una serie di depositi, che dai 26 iniziali (il primo dei quali sito in Bologna), raggiunsero nel 1884 il ragguardevole numero di 107, dislocati in tutto il mondo, dall’Europa agli Stati Uniti, a Haiti, alla Cina.
Persino Dostoevskji citò il Conte ne I fratelli Karamàzov: “Ma che filosofia e filosofia, quando tutta la parte destra del corpo mi si è paralizzata e io non faccio che gemere e lamentarmi. Ho tentato tutti i rimedi della medicina: sanno fare la diagnosi in maniera eccellente, conoscono la tua malattia come il palmo delle loro mani, ma non sono capaci di curare. Mi è capitato di incontrare un piccolo studente entusiasta. Se morirete, diceva, in compenso sarete perfettamente al corrente della malattia per la quale morirete……… Disperato ho scritto al conte Mattei a Milano, che mi ha mandato un libro e delle gocce, che Dio lo benedica.”
Nonostante i grandi consensi che la sua forte personalità gli permise di raccogliere in vita (nel 1883 alcuni suoi sostenitori portarono addirittura la questione in Parlamento) la tuttavia la notorietà del suo metodo non gli sopravvisse, nonostante ancora oggi rimedi elettromeopatici siano proposti in tante parti del mondo e in particolare in Pakistan e India, dove furono introdotti da Padre Muller.